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mercoledì 27 dicembre 2017

VI PRESENTO CHRISTOPHER ROBIN

di Matteo Marescalco

In seguito ai traumi fisici e psichici causati dalla Prima Guerra Mondiale, lo scrittore teatrale A. A. Milne decide di trasferirsi in campagna e di acquistare una casa nel Sussex, dove va a vivere con la moglie ed il piccolo figlio. Tuttavia, quella di cercare la tranquillità nella campagna inglese è una scelta che va stretta alla moglie che torna in città e lascia soli marito e figlio. In questa rinnovata atmosfera di condivisione tra padre e figlio, Milne inventa le storie di Winnie the Pooh e dei suoi amici e le dà alle stampe grazie all'aiuto di un amico illustratore. L'improvviso successo che lo investe supera anche la più rosea aspettativa. Purtroppo, però, insieme al successo, arriverà anche la cattiva reazione del piccolo Christopher Robin, che non accetta bene il fatto che quel gioco privato con il padre si sia trasformato in un fenomeno mondiale.

Chi ha amato (e continua ad amare) il dolce orsacchiotto portato sullo schermo da Walt Disney difficilmente crederebbe ad una tale fiaba dell'orrore qual è Vi presento Christopher Robin. Dietro il sorriso di Christopher Robin si annida l'amarezza del padre scrittore, sopravvissuto ad una guerra che lo ha segnato fisicamente e, soprattutto, mentalmente, incapace di dare amore al figlio e di rapportarsi normalmente con lui. Tutt'altra realtà, a sua volta, si cela dietro il successo planetario di Winnie the Pooh ed è quella dell'infanzia di un bambino divorata dalla paura di non esistere e di essere ricondotto a vita al personaggio che appare nelle storie del padre.

La costruzione di questa fiaba oscura è assai didascalica e priva di punti di svolta degni di nota. La narrazione procede spedita ma sottotono senza essere mai in grado di evolversi e di catturare l'attenzione dello spettatore che, per tutta la durata del film, sembra assistere semplicemente ad una seduta dallo psicoterapeuta. La struttura del racconto è divisa in due parti: una dedicata al ritorno di Milne dalla guerra e alle difficoltà dello scrittore nel recuperare la sua vita sociale e familiare ed una incentrata sulla collisione tra il mondo immaginario creato da padre e figlio ed il gelo materno e paterno che avvolgono il piccolo Christopher Robin nei rapporti quotidiani.

Dietro le quinte sul successo di Winnie the Pooh, Vi presento Christopher Robin pone l'attenzione
sulle difficoltà incontrate da Milne jr. nel corso della sua vita, alle prese con uno dei primi fenomeni massmediatici della storia, facendo pressione sul versante drammatico della vicenda. Il problema di cui risente il film risiede in una certa programmaticità di fondo. Ogni cosa è mostrata e spiegata nel corso di un racconto che fatica a muoversi tra i vari generi che abbraccia e che finisce per essere una grossa occasione persa.

domenica 24 dicembre 2017

COCO

di Matteo Marescalco

L'obbligo di questo Natale sarà quello di portare i più piccoli al cinema a vedere Coco, l'ultima fatica Pixar. Una robusta narrazione è più che sufficiente a conquistare completamente la fiducia degli spettatori più giovani. Un racconto intessuto di colpi di scena e dotato della straordinaria capacità di far commuovere, e quindi di smuovere l'animo della platea, sottolinea tutta la propria competenza a coinvolgere l'emotività e ad innestare quanto narrato nella mente e, soprattutto, nel cuore. 

Nel Messico contemporaneo, Miguel è un ragazzino con il grande sogno di diventare musicista. Tuttavia, fa parte di una famiglia che, da svariate generazioni, si occupa della produzione di scarpe. E quello sarà anche il destino di Miguel, ostacolato dai suoi cari anche perchè la musica è stata bandita dalla sua famiglia, da quando la trisavola Imelda fu abbandonata dal marito chitarrista e costretta a crescere da sola la piccola Coco, adesso anziana ed inferma nonna di Miguel. Durante il Dia de Los Muertos, però, il ragazzino, stanco di dover rispettare quel divieto, ruba una chitarra da un sepolcro e si ritrova ad oltrepassare magicamente il ponte tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Miguel sarà catapultato in un universo parallelo di colori arancionati ed organizzato come la mente di Inside Out. L'incontro con il truffaldino Hector lo porterà a stretto contatto con un'impensabile verità sulla sua famiglia. 

Il fatto che Coco esplori il grande rimosso della cultura occidentale, ovvero l'idea della morte, si aggiunge al coraggio che ha portato la Pixar ad "uccidere" uno dei personaggi principali già nel prologo di Up e a realizzare un film animato principalmente per bambini praticamente muto come WALL-E. A differenza del villaggio cui appartiene, Miguel, nel suo viaggio reale, compie un percorso attingibile all'interno del mondo dei morti, dove a narrare di ricordi e di memoria sarà proprio l'oltretomba coloratissimo. Coco parla di vita e di morte, dell'importanza del ricordo e della memoria ma anche della necessaria esigenza di bilanciare passioni individuale ed organizzazione collettiva, nell'ambito di tradizioni ed usi che non vengano mai trattati come semplici legacci ed imposizioni ma semplicemente come background all'interno del quale crescere e sviluppare il rispetto per gli altri. Insomma, tenendo quindi in considerazione millenari costumi e spinta alla modernizzazione culturale. 

E, ancora una volta, come in Up e in Toy Story, a farla da padrone è soprattutto il mistero del tempo che passa, la necessità di evolversi e di cambiare, grazie alla forza di amore e sentimenti che, nel caso della Pixar, non sono mai deboli ricette astratte ma sentimenti puri da cercare e conquistare affrontando un percorso classico irto di difficoltà e traumi. Con la certezza, però, dell'affetto delle persone a noi più care.

L'ORA PIU' BUIA

di Matteo Marescalco

*recensione pubblicata su Point Blank: http://www.pointblank.it/recensione//lora-piu-buia/

Movimenti rozzi ai limiti della goffaggine, Hamburg in feltro, sigaro e panciotto. Indubbiamente, Winston Churchill è stata una delle figure preminenti nella storia dell'iconografia europea del Novecento. Caratteri che, con l'ausilio dei continui mumble mumble e di una voce profonda ed aggressiva che graffia i timpani, hanno inevitabilmente attirato l'attenzione di un attore consumato e spesso sottovalutato come Gary Oldman, chiamato a (ri)portare in vita le vicende del primo ministro del Regno Unito nel Maggio 1940, l'ora più buia che il popolo inglese dovette affrontare in vista di una riscossa che avrebbe poi provocato la disfatta dei regimi totalitari.

Joe Wright pone il suo stile gonfio di classicità al servizio di un prologo teatrale: come il pubblico a teatro, lo spettatore cinematografico assiste allo schiudersi delle tende della privacy sulla vita di Churchill, accecato dalla luce di Londra, in preda ad un'abbondante colazione e a tessere la tela di innumerevoli trame diplomatiche. E noi, con il favore di una luce di caravaggesca memoria, perquisiamo gli oscuri anfratti percorsi dal primo ministro, il dedalo di uffici sotterranei, osserviamo i processi in Parlamento animati da drammi e sotterfugi e compiamo in metropolitana un viaggio verso Buckingham Palace con lo stesso stupore causato dalla vista di Churchill in mezzo ai pendolari.

*continua a leggere su Point Blank: http://www.pointblank.it/recensione//lora-piu-buia/

venerdì 22 dicembre 2017

TOP 10+1 DEL 2017

di Matteo Marescalco

Fine anno. Ancora una volta, tempo di classifiche. La Top 10+1 include film la cui prima proiezione italiana (nell'ambito di festival o rassegne) è avvenuta nel corso del 2017 e non implica che il film sia effettivamente uscito in Italia durante l'anno. I titoli in classifica sono in ordine sparso.

THE SHAPE OF WATER di Guillermo del Toro
Opera della maturità per Guillermo del Toro, vincitore del Leone d'Oro all'ultima edizione della Mostra del Cinema di Venezia con questa straordinaria fiaba sulla principessa senza voce. Dopo Il labirinto del fauno, del Toro fonde nuovamente fiaba e realtà regalando agli spettatori un dramma d'amore di rara potenza. Omaggio al dispositivo cinematografico, ai monster movies della Universal, fuga da una realtà ordinaria che uccide e che colpisce per i segreti che nasconde, The Shape of Water spinge lo sguardo verso un universo soltanto immaginato, ma non per questo privo della possibilità di esistere. Senza dubbio, è stato il nostro film preferito del 2017. Arriverà nelle sale italiane il 14 Febbraio 2018. 

BORG MCENROE di Janus Metz
Finale di Wimbledon del 5 Luglio 1980. A sfidarsi sono Bjorn Borg e John McEnroe. L'iceberg svedese e il ragazzaccio americano. Il più archetipico dualismo western infiamma il campo da tennis e restituisce agli spettatori una delle partite più iconiche di tutti i tempi. Durante l'arco del racconto, lo sport rimane un elemento marginale che, piuttosto, scandisce la forma del film: un magistrale gioco di diritti e di rovesci che mantiene con il fiato sospeso e restituisce l'intensità di una costruzione in tre atti da manuale. Niente di particolarmente sofisticato ma soltanto l'attenta struttura di un film dallo svolgimento classico che ha saggiamente puntato tutto sullo sviluppo di un'ottima sceneggiatura.

RYUICHI SAKAMOTO: CODA di Stephen Schible
Compositore multiforme e dagli interessi svariatissimi, Ryuichi Sakamoto è l'assoluto protagonista di questo documentario presentato all'ultima edizione della Mostra del Cinema di Venezia. Suggestivo e ricco di spunti, Coda riesce a cogliere il momento dell'atto creativo del compositore orientale. Pur non avendo uno schema drammaturgico netto, il documentario colpisce per la propria delicatezza nell'evitare ogni agiografia. Una perla da non lasciarsi scappare!

AUTOPSY di Andrè Ovredal
Efficace thriller presentato a Toronto nel 2016 ed arrivato in Italia a Marzo 2017, osannato da Stephen King e Guillermo del Toro. Il cadavere di una ragazza sconosciuta viene ritrovato in un seminterrato in seguito ad un omicidio. Il corpo della donna è perfettamente conservato all'esterno ma all'interno presenta una serie di elementi che farebbero pensare a torture e ad indicibili violenze. Costruito in un unico ambiente chiuso e nel corso di una notte, Autopsy è un ottimo esercizio di stile sulla costruzione del terrore. La presenza di numerosi jumpscares non inficia mai la coesione del racconto e le veloci dinamiche della narrazione.

THE WAR-IL PIANETA DELLE SCIMMIE di Matt Reeves
Terzo episodio della trilogia reboot dedicata al mondo del pianeta delle scimmie. Al timone, questa volta, c'è Matt Reeves, padre di Cloverfield. Vero homecoming dell'anno, The War compie un viaggio lungo il cinema, alla ricerca di un futuro (e di una nuova casa/dispositivo) da garantire ai suoi corpi iconici, regalando una storia di ammaliante potenza archetipica. Raccontando tenebre e fantasmi di ogni cuore, senza mai dimenticare la forza che le emozioni rivestono nell'ambito delle narrazioni popolari condivise. 

GET OUT di Jordan Peele
I nomi di James Wan e Jason Blum hanno caratterizzato pressochè ogni prodotto horror che negli ultimi anni è riuscito ad attirare l'attenzione di critica e di pubblico, portando a casa eccellenti consensi. Ancora una volta, nel caso di Get Out tocca a Jason Blum. Piccolo film indipendente, diretto da un noto attore comico americano, Get Out si sviluppa sul binario della satira horror. Una ragazza bianca presenta il proprio fidanzato nero alla famiglia dalla mentalità progressista (che vota Obama). Ne accadranno delle belle. Tutti ne hanno parlato e lo hanno lodato. E' decisamente arrivato il momento di (ri)vederlo!

FAST AND FURIOUS 8 di F. Gary Gray
L'ottavo episodio di una delle maggiori saghe del cinema americano contemporaneo è anche il miglior blockbuster dell'anno. Adrenalinico e totalizzante, in grado di prendere per il collo lo spettatore e trasportarlo in un vortice di dinamismo senza pari. Già il settimo capitolo (diretto da James Wan) dimostrava una consapevolezza di sè che è totalmente sconosciuta a molti film mainstream e riusciva a riflettere sulle modalità attraverso cui le tecnologie digitali hanno mutato la percezione dello spettacolo analogico. Non lasciatevi traviare dall'idea di spettacolo becero del brand Fast & Furious. Il settimo e l'ottavo capitolo meritano davvero la vostra attenzione!

Al netto della straordinaria bellezza di Coco di Lee Unkrich, in uscita nelle sale nei prossimi giorni, la nostra attenzione è stata stuzzicata da altri due prodotti di animazione. Baby Boss della Dreamworks e Lego Batman. Il primo è una commedia dirompente che alterna sequenze classiche in CGI a scene bidimensionali che rappresentano gli slanci immaginativi di uno dei personaggi protagonisti. Ottimo per qualità e dettagli dell'animazione ma anche per trovate narrative. Il secondo narra le avventure di un Batman triste e solitario, all'interno di un racconto che pullula di richiami ad altre pellicole. Prodotto geniale da gustare sotto le feste!

SPIELBERG di Susan Lacy
Presentato all'ultima edizione della Festa del Cinema di Roma, Spielberg è un documentario targato HBO e dedicato al maggiore storyteller del cinema americano contemporaneo. Che dire? Nulla di nuovo sul fronte Spielberg. Si tratta di un lungo percorso di 2 ore e mezza che catapultano lo spettatore nell'immaginario spielberghiano, che analizza il suo narrare per immagini e le tematiche dei suoi film, spingendo verso un loro inevitabile rewatch. 

RITRATTO DI FAMIGLIA CON TEMPESTA di Hirokazu Kore'eda
Presentato a Cannes 2016 ma arrivato in Italia a Maggio 2017. Lo scorrere del tempo al cinema non è mai stato così dolce e malinconico come in questo film di Hirokazu Kore'eda. Due ore di vita sviluppate con la naturalezza di un qualsiasi evento quotidiano che coinvolge e stupisce. Ritratto di famiglia con tempesta è un film alle prese con lo scarto tra illusioni e sogni infantili e cambiamenti irreversibili dell'età adulta, quando si fa i conti con il proprio passato sperando di non restare delusi ma consapevoli del fatto che è quasi impossibile realizzare le aspettative della propria fanciullezza.

MASTER OF NONE 2/MINDHUNTER di Aziz Ansari/David Fincher
Dev Shah è un master of none: capace in tutto, maestro di niente. L'oggetto della serie tv di Aziz Ansari è la vita di un ragazzo di una trentina d'anni che cerca di trovare un equilibrio tra la vita sentimentale, le amicizie, l'ambizione, la famiglia e il proprio lavoro. Ansari laura sulle debolezze, le paure e i punti di forza della sua generazione. E lo fa costruendo un forte discorso che fa leva sulle questione di genere e razza, sempre con grazia e leggerezza, attraverso una scrittura simile a quella di Woody Allen. Di sicuro, la seconda stagione è stata il nostro colpo di fulmine dell'anno insieme a Mindhunter di David Fincher. In questo caso, è meglio parlare poco. Vi resterà più tempo per fiondarvi su Netflix e guardare la serie!

giovedì 21 dicembre 2017

I 10 FILM PIU' ATTESI DEL 2018

 di Matteo Marescalco

GLI INCREDIBILI 2 di Brad Bird
A distanza di 14 anni dal primo episodio, il prossimo 19 Settembre arriverà nelle sale italiane il sequel de Gli Incredibili, titolo di punta del 2018. Come saranno cambiati i membri familiari durante questo periodo di assenza? E, soprattutto, durante un periodo in cui i film dedicati ai supereroi hanno totalmente invaso le sale cinematografiche? La risposta ci incuriosisce tantissimo. La Pixar è alle prese con l'ennesimo sequel: otterrà lo stesso risultato di Cars 2 o, piuttosto, di Monsters University? A Settembre 2018 ne sapremo di più!

GLASS di M. Night Shyamalan
A voler essere rigorosi, il prossimo film del regista de Il sesto senso vedrà il buio della sala a Gennaio 2019. Ma noi siamo fiduciosi e speriamo di poterlo vedere in occasione di qualche anteprima festivaliera o semplicemente stampa a Dicembre 2018. Il livello di attesa nei confronti di Glass è elevatissimo e, quindi, inserirlo nella top 10 dei film più attesi del 2018 ci dà la sensazione che la sua data di uscita sia più vicina di quanto sembri. Split, come scritto e letto abbondantemente nel corso dell'ultimo anno, è la origin story del villain che si scontrerà contro David Dunn (la cui origin story è narrata in Unbreakable) proprio in Glass, in cui tornerà anche Elijah Price (Mr. Glass). Quindi, Glass sarà il terzo episodio della trilogia composta da Unbreakable e Split, che ha sancito il grande ritorno sulle scene mondiali di M. Night Shyamalan, colpevolmente relegato nel dimenticatoio dopo i fallimenti commerciali di L'ultimo dominatore dell'aria ed After earth. Sarà dura arrivare a Dicembre 2018 senza lasciarsi andare ad attacchi isterici causati dall'uscita dei primi materiali promozionali del film. 

ISLE OF DOGS di Wes Anderson
Film d'apertura della prossima edizione della Berlinale, Isle of Dogs di Wes Anderson ha già catturato tutta la nostra attenzione. Cast di primissimo ordine, ritorno alla stop-motion e materiali promozionali strepitosi si uniscono ad una trama ambiziosa e, come al solito per Anderson, ricca di dettagli molto strani: nel Giappone del 2037, tutti i cani vengono messi in quarantena su un'isola di rifiuti a seguito di un'influenza canina. Stufi della loro esistenza, cinque cani incontrano un ragazzino, giunto sull'isola per salvare il suo cagnolino. Per il ragazzo inizierà una lunga odissea. Il film non ha ancora una data d'uscita italiana. 
 
AVENGERS: INFINITY WAR di Anthony e Joe Russo
Ragazzi, dico io...avete mica visto che bomba assurda è il primo trailer del terzo film sugli Avengers? Epicità allo stato puro! Ecco, direi che potrebbe bastare anche solo quello.  

AQUAMAN di James Wan
Altro blockbuster nella nostra classifica. Stavolta, tocca ad Aquaman, supereroe di casa DC, portato sullo schermo da uno dei grandi innovatori dell'horror degli ultimi dieci anni: James Wan. Batman vs Superman ha presentato al pubblico il team della Justice League, la lega formata da Batman, Superman, Wonder Woman, Cyborg, Flash e proprio Aquaman. Il personaggio è uno dei più fighi dell'universo DC e il tocco di Wan potrebbe trasformare un semplice film di supereroi in qualcosa di diverso. Arriverà in sala a Dicembre 2018. 

DOGMAN di Matteo Garrone
L'interruzione forzata di Pinocchio (causata dall'assenza di Toni Servillo, alle prese con Loro di Paolo Sorrentino) ha spostato l'attenzione di Matteo Garrone verso un altro progetto: Dogman, ritorno alle atmosfere noir e promiscue de L'imbalsamatore. Il film sarà un western urbano ispirato alle cronache criminali su Pietro De Negri, l'efferato canaro della Magliana che, nel 1988, torturò fino alla morte un piccolo ras di quartiere. Ovvia la presenza in concorso alla prossima edizione del Festival di Cannes.

READY PLAYER ONE di Steven Spielberg
Grande annata per il più grande storyteller contemporaneo, che arriverà sugli schermi con The Post (cast straordinario con Tom Hanks e Meryl Streep) e con questo Ready Player One. Nel 20145, la Terra è diventata un luogo inquinato, funestato da guerre, povertà e crisi energetica. Gli abitanti vivono in container senz'altra evasione che il nostalgico mondo virtuale di OASIS. L'universo in realtà virtuale basato sull'immaginario degli anni '80 conta milioni di login al giorno, grazie alla facilità d'accesso. Quando il creatore del sistema muore, viene indetta una caccia al tesoro da miliardi di dollari. Un adolescente, attraverso il suo avatar, proverà ad aggiudicarsi il premio in palio, sfidando tantissimi nemici. Niente di più tradizionale immerso nel futuro dei media, la realtà virtuale. Ragazzi, inutile dirlo, l'attesa è alle stelle!

LORO di Paolo Sorrentino
Altro candidato ideale per il concorso della prossima edizione del Festival di Cannes è Loro di Paolo Sorrentino, che rinnova la collaborazione con Toni Servillo, qui nelle vesti di Silvio Berlusconi. Secondo Sorrentino, Berlusconi è un archetipico dell'italianità attraverso cui poter raccontare il popolo italiano. Grande attesa per questo film che non si pone unicamente l'arduo compito di raccontare una delle figure emblematiche della recente storia italiana ma anche quello di narrare la storia del suo "circolo magico". Riuscirà Sorrentino a replicare il grande successo critico e di pubblico de Il divo?

THE HOUSE THAT JACK BUILT di Lars von Trier
Secondo von Trier, si tratta del film più brutale della sua carriera. Ambientato nell'arco di 12 anni, il film sarà incentrato sulle vicende di un serial killer (Jack, ricalcato su Jack lo Squartatore) alle prese con cinque vittime. Probabile la partecipazione alla prossima edizione del Festival di Cannes (altrimenti, Venezia sarebbe in agguato).

LOVE di Judd Apatow
E' recente la notizia secondo cui la terza stagione di Love (l'ultima della serie) sarà anche l'ultima. E' un vero peccato. La serie-tv, creata da Judd Apatow, Paul Rust e Lesley Arfin, è riuscita, negli ultimi anni, a raccogliere una quantità assai elevata di consensi critici e del pubblico. La serie è un viaggio romantico al vetriolo incentrato sulla relazione tra Mickey, ragazza sfrontata e con problemi di alcolismo, e Gus, un giovane timido ed insicuro. In attesa della terza stagione di Master of None di Aziz Ansari, Love 3 è il modo giusto per riempire il vostro tempo libero e per studiare l'evoluzione della rom-com!

sabato 16 dicembre 2017

JUMANJI: BENVENUTI NELLA GIUNGLA

di Matteo Marescalco

Che Jumanji abbia segnato indelebilmente la seconda metà degli anni '90 è una verità ineludibile. Per il suo mix di azione e commedia, dramma ed elementi da mind-game movie; per un cast in stato di grazia che annovera Robin Williams e Bonnie Hunt, la giovane Kirsten Dunst ed il nostalgico volto di Bradley Pierce, e ancora Jonathan Hyde e David Alan Grier; per le tematiche archetipiche che innervano lo sviluppo del racconto e che hanno consentito al film di andare incontro ad un buon invecchiamento.

Jumanji: Benvenuti nella giungla trova la sua genesi nella conclusione del primo episodio. Il gioco da tavolo lanciato da Alan Parrish e Sarah Whittle nelle acque di un fiume nel 1969 viene ritrovato in riva al mare da un adolescente nel 1996. Il giovane, dopo un attimo di curiosità, non è interessato al gioco da tavolo che, nel frattempo, nell'ambito della cultura giovanile, è stato sostituito dai videogame. Così, nel corso della notte, il gioco si trasforma nella cartuccia di una console e risucchia il ragazzo al suo interno. Jumanji è rinato. Un salto temporale sposta l'arco del racconto ai giorni nostri, quando quattro ragazzi liceali in punizione trovano la console nel magazzino del college ed iniziano a giocare, scegliendo quattro avatar tra i cinque a disposizione. Inutile dire che anche loro finiranno trasportati nel mondo di Jumanji.

Benvenuti nella giungla si sviluppa in modo indipendente rispetto all'ingombrante capostipite, omaggiandolo ma provando ad evitare di portare sulle proprie spalle un peso che ne avrebbe potuto minare la riuscita. Il suo tentativo è piuttosto quello di risemantizzare l'universo narrativo originario e di trasportarlo in epoca contemporanea. Ecco quindi l'innesto della console e degli avatar che consentono ai quattro adolescenti di muoversi in corpi completamente differenti rispetto ai propri: il nerd si muoverà nel fisico statuario di Dwayne Johnson, la ragazza timida assumerà le vesti di una sorta di Lara Croft, la più bella della scuola, sempre alle prese con il suo account Instagram, si trasformerà nell'archeologo curvy interpretato da Jack Black. Da questo nucleo di trasformazioni si dipanerà la maggiorparte delle gag fisiche legate alle identità dei personaggi, giovani adolescenti che dovranno superare gli stereotipi che li etichettano e scegliere cosa diventare, affrontando le proprie paure.

Tra Personaggi Non Giocanti, flashback vissuti dai protagonisti come scene non interattive e tre sole
vite disponibili per completare il percorso verso la liberazione di Jumanji (e, quindi, verso il compimento del proprio arco di trasformazione), il film mette in scena il meccanismo che lo caratterizza e riflette sul proprio funzionamento, perdendo quell'aura di autentico stupore e di malinconia che animava l'episodio con Robin Williams. Non troveremo bambini alle prese con le difficoltà della vita e con i rapporti problematici con i propri genitori né tanto meno adulti irrisolti ma soltanto il target di mezzo, quello degli adolescenti alle prese con un difficile momento della loro vita. Quindi, il materiale di partenza è meno dinamitardo e più “rilassato” ed il target subisce un lieve slittamento. Ciò non toglie, tuttavia, che questo Jumanji: Benvenuti nella giungla sia un buon prodotto di intrattenimento per famiglie in un periodo in cui i cinema realizzano la maggior quota annuale di incassi.

venerdì 15 dicembre 2017

FERDINAND

di Matteo Marescalco

Ferdinand è un toro pacifico ed amante dei fiori che non ne vuole sapere di scendere in arena ad affrontare un torero. Qualcosa gli suggerisce che, nonostante tutto, sia sempre il matador a vincere sul toro. In barba alle convenzioni culturali del genere cui appartiene, Ferdinand fugge dall'allevamento di tori da corrida in cui è rinchiuso per cercare una via diversa da quella che le usanze vorrebbero che lui percorresse. Ma il destino gli remerà contro.
 
Al giorno d'oggi, il cinema di animazione si è speso all'interno di ogni genere e le case di produzione specializzate hanno riempito il mercato, provando a garantire un'adeguata stratificazione di prodotti adatti ai diversi tipi di target. Il regista di Ferdinand è Carlos Saldanha, già autore de L'era glaciale e di Rio, entrambi della Blue Sky Animation. Il film è tratto da La storia del toro Ferdinando di Munroe Leaf e Robert Lawson (già trasformato in cortometraggio da Disney nel 1938), racconto illustrato che all'epoca venne messo al bando perchè, in un periodo del genere, veniva visto come un pericoloso inno all'autodeterminazione. In effetti, il concetto di fare della propria vita ciò che si vuole, nonostante i retaggi culturali che dominano la nostra società, è la tematica principale di Ferdinand (curiosamente presente anche in Coco, ultimo film Pixar). 

Vista l'importanza e la difficoltà tematica, l'intera narrazione è costruita su diversi punti di vista che mirano a dialogare con target di pubblico differenziati. Lo spazio alle gag divertenti e alla volontà di Ferdinand di abbandonare una vita che non gli piace non sottrae importanza all'impianto metaforico che restituisce la descrizione del mondo dei toreri e dei mattatoi. Il problema risiede, piuttosto, nell'assenza di equilibrio tra first storyline e l'accumulazione snervante di gag che mirano unicamente a strappare le risate dei più piccoli ma che lasciano completamente attoniti i più grandi. Il ritmo complessivo della narrazione è altalenante ed è accompagnato da un'animazione che si attesta sulla creazione di ambienti cromaticamente saturi e ridotti ai minimi dettagli (caratteristiche che finiscono per stridere con il racconto). 

Con un regista del genere, ci si aspettava una riflessione differente o, quanto meno, un'elaborazione più brillante sul racconto portato in scena, sulla scorta di quanto fatto da Gli eroi del Natale, piccola gemma delle festività in corso.

STAR WARS VIII-GLI ULTIMI JEDI

di Matteo Marescalco

Celluloid heroes never really die?, ci si chiedeva in occasione dell'uscita de Il Risveglio della Forza, rilancio in pompa magna del franchise di Star Wars, affidato a J.J. Abrams, probabilmente il regista che, meglio di tutti, ha saputo emulare la logica di entertainment, sentimenti e narrazione tipica dei film di Steven Spielberg. Il risultato è consistito nella realizzazione di un prodotto che guardava con sguardo nostalgico all'universo di George Lucas, proponendosi l'inevitabile obiettivo di svecchiarlo (e di introdurre nuovi membri nel cast) per puntare alle più ampie masse di giovani.
 
Più e più volte viene dichiarata durante Gli ultimi Jedi la necessità di un rinnovamento. I Padri vanno rispettati ma ucciderli per cercare il nuovo è un bisogno ineludibile. L'intero conflitto che dilania il personaggio di Kylo Ren è basato su quest'assunto: come distinguersi dai propri padri per dar corso ad una nuova era? E, più di ogni altra cosa, come resistere al Lato Chiaro della Forza? Tutto ciò avviene in un contesto in cui le situazioni narrative si affastellano una dietro l'altra (Luke Skywalker non ne vuole sapere di tornare in campo per aiutare i membri della resistenza e rifiuta di dare ascolto a Rey; il Primo Ordine si prepara a lanciare l'ultimo attacco agli ultimi partecipanti alla resistenza; un manipolo di eroi cerca un personaggio fondamentale per un attacco a sorpresa alle navi imperiali) e non lasciano un attimo di respiro allo spettatore. 

Tuttavia, se i pensieri e i dialoghi tra i personaggi spingono verso la direzione della rifondazione e del rinnovamento, viceversa, le immagini dicono esattamente l'opposto. Se Il Risveglio della Forza omaggiava e recuperava con nostalgia un universo che questo secondo episodio avrebbe dovuto rifondare, Gli Ultimi Jedi non riesce a creare un minimo scarto nei confronti dell'immaginario di partenza, adagiandosi su scelte visive piatte ed obsolete, superando di slancio il fervore nostalgico dell'episodio di partenza per abbracciare un mood stantio. La contraddizione visibile è tra ciò che viene dichiarato e quanto viene, invece, mostrato, mai in grado di rimuovere la patina industriale (nell'accezione negativa del termine) della filiera di Star Wars. Le battute a raffica e l'ironia scalfiscono l'epica del mito, avvicinando l'universo di George Lucas a quello degli eroi Marvel.
 
L'operazione di Rian Johnson non è da buttare e può considerarsi riuscita a metà. Da un lato, può
definirsi pienamente consapevole del nuovo corso da intraprendere. Dall'altro, non sa bene che forma attribuirgli. Attendiamo con trepidazione il terzo episodio, in uscita tra due anni. Allora, tireremo le somme con maggiore consapevolezza.