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mercoledì 14 settembre 2016

ELVIS & NIXON

di Emanuele Paglialonga

A pochi giorni dalla chiusura di Venezia 73 (leggete gli articoli sui film amati e su quelli odiati, ndr), si appresta ad arrivare nelle sale italiane Elvis & Nixon di Liza Johnson: un biopic che racconta per l’appunto l’incontro fra l’allora Presidente degli Stati Uniti d’America (parliamo del dicembre 1970) e la rockstar più famosa del pianeta.

Anche a Venezia sono stati presentati due biopic riguardanti personaggi politici, dedicati ad un lasso di tempo relativamente ristretto: Jackie di Pablo Larrain con Natalie Portman, e The Journey di Nick Hamm con Timothy Spall e Colm Meaney. Il primo si sofferma sui tre, quattro giorni successivi all’assassinio di JFK dal punto di vista della vedova Kennedy; il secondo su un viaggio forzato che due politici irlandesi di schieramenti opposti si trovarono a compiere, durante il quale avrebbero dovuto cogliere l’occasione di riportare la pace in un’Irlanda tempestata da scontri anarchici.
Fra i due film sopracitati (il primo era in Concorso, l’altro Fuori) ne è uscito vincitore senza dubbio The Journey, che ha raccontato con la sua semplicità il viaggio di due vecchie cariatidi, nemici da lungo tempo, attraverso una scrittura equilibrata e onesta: personaggi credibili, con le loro motivazioni, battute azzeccate, un ottimo Timothy Spall. Tutta la storia del loro viaggio è stata ovviamente inventata: nessuna traccia di quello che si dissero mentre attraversavano boschi e strade deserte in un pomeriggio di pioggia.
Larrain si è soffermato invece sulla figura della First Lady, sul suo non essere più nessuno una volta perso il marito, e sui suoi rapporti con la stampa e con il popolo americano in un periodo evidentemente delicato. Un altro dietro le quinte. Mezzi biopic quindi. Bene, Elvis & Nixon si colloca esattamente in questo solco. 

Il 21 dicembre del 1970 avvenne l’incontro tra queste due figure, motivato dalla voglia che Presley aveva di rendere servigio alla nazione, per diventare una specie di agente segreto e contrastare il degrado, il traffico di droga eccetera. Il film della Johnson inventa quindi un dietro le quinte: anche in questo caso, come per il viaggio di The Journey, nessun documento, nessuna registrazione. Solo una foto. Un film che si presenta in locandina come Il più rock dell’anno e che mette insieme nelle vesti e negli accessori di Elvis il bravo Michael Shannon (eccelso nel Nocturnal Animals di Tom Ford in Concorso a Venezia), e, nei panni di Richard Nixon, Kevin Spacey. Peccato che questo biopic si riveli essere sostanzialmente pretenzioso e inutile. Inutile perché non riesce a raccontare nulla di vagamente interessante; pretenzioso perché  impiega circa un’ora e dieci per arrivare al fatidico incontro fra i due, che occupa nel film non più di quindici, venti minuti. Fino ad allora, e anche oltre, il plot lo si può riassumere con queste parole: Elvis vuole un distintivo. Per il resto, Nixon compare sì e no venti minuti in totale sullo schermo, e, neanche durante il loro presunto scontro, accade nulla di accattivante: un paio di gag scipite e nulla più.
Si legge anzi nelle note di regia che Le riprese che richiedevano Kevin Spacey erano programmate per 5 giorni e fortunatamente lui era disponibile. Quindi è un Elvis & Nixon con un Elvis/Michael Shannon sottotono e un Nixon/Kevin Spacey che in cinque giorni ha girato la sua parte e ognuno per la sua strada.

Pur concentrandosi maggiormente su Elvis, il problema evidente è la mancanza di un punto di vista chiaro e definito: perché raccontare questa storia? In che modo dovrebbe intrattenere il pubblico?
Ecco cosa succede a voler fare a tutti costi non solo dei biopic su un evento così risicato, inutile, fugace, partendo solo da una foto di due personaggi insieme. Per carità, la magia del cinema è proprio quella di partire da una scintilla e raggiungere grandi fiammate ma in questo caso neanche la luce di un fiammifero si riesce a intravedere. Due cose riesce a trasmettere Elvis & Nixon: la voglia di riguardare  House of Cards (così come Jackie di Larrain faceva solo venire il desiderio di rivedere la Claire Underwood di Robin Wright), e un’idea che consentirebbe di arrivare ad un biopic che valga la pena vedere, ovvero quello su Nixon interpretato da Kevin Spacey, pienamente nella parte. Uno stand alone di questo tipo, magari, un suo perché ce l’avrebbe. Nixon da solo sì, anche un Elvis, sempre con Michael Shannon. Separati. Perché così no. Non c’è niente.

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