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giovedì 14 aprile 2016

CRIMINAL

di Emanuele Paglialonga

Buoni, cattivi e reincarnati.
Kevin Costner, Gary Oldman e Tommy Lee Jones: tre dei protagonisti del film del giovane Ariel Vromen (che, pochi anni fa, ha presentato The Iceman alla Mostra del Cinema di Venezia). Un agente della CIA, interpretato da Ryan Reynolds, muore durante una missione e si porta nella tomba dei segreti fondamentali per salvare il mondo da una terribile minaccia terroristica. I segreti e non solo del defunto agente saranno impiantati nella mente di un pericoloso criminale (che, per delle complicate questioni biologico-neuronali è, neanche a dirlo, l’unico ricevente possibile), interpretato, appunto, da Costner. Il suo Jerico Stewart è violento e pericoloso, ma i ricordi dell’agente pian piano si insidieranno nella sua mente; non solo quelli professionali ma anche personali, legati a sua moglie (Gal Gadot, l’attuale Wonder Woman dell’universo cinematografico DC, fondato da Batman v. Superman: Dawn of Justice). E chissà come andrà a finire.

La regia di Vromen è impeccabile: la cornice action viene portata avanti in maniera dignitosa, le sequenze d’azione sono coinvolgenti e scorrevoli e tutto il cast – di ottimi attori – contribuisce a rendere credibile una storia per ovvie ragioni, almeno per ora, puramente fantastica. Il film ha due anime, una legata al thriller, ben strutturata, e un’altra psicologica, legata al dibattito in alcuni casi anche filosofico (per un pelo non si è scaduti nella retorica più trita) sulla memoria dell’uomo, sulla vita e la morte e tutto il resto. Anche questa parte è ben strutturata, a livello visivo come a livello di sceneggiatura: non è reale nel mondo fuori dalla sala, ma sullo schermo è verosimile. Questo è il cinema.
Se tutto va bene madama la marchesa, perché, allora, questo film è dimenticabile, e, probabilmente, non farà sfaceli nei botteghini di tutto il mondo? Difficile a dirsi. Le ipotesi principali sono due: che le due anime del film, di cui sopra, cozzino fra di loro. I presupposti ci sono tutti, gli ingredienti sono buoni e ben amalgamati, eppure saranno in pochi a ricordare le scene di questo film un mese o una settimana dopo averlo visto: come tanti film d’azione, pur essendo ben scritto e ben girato, cadrà inevitabilmente nel dimenticatoio, poiché nulla di nuovo ha da offrire al genere, se non la cornice psicologica, appunto, che forse avrebbe meritato un altro contesto, o una riscrittura diversa, per questo film da parte degli sceneggiatori.

Un’altra ipotesi, forse azzardata o forse no, è che Kevin Costner non sia stato l’attore giusto per interpretare un ruolo di questo tipo: la brutalità del suo personaggio viene mostrata in poche scene ma non è difficile indovinare la sua redenzione già dopo la prima mezz’ora del film. Forse, un altro attore in grado di rendere meglio la crudeltà del personaggio avrebbe potuto sviluppare meglio il versante legato alla sua redenzione. Certo, la conferma definitiva arriva solo nel finale ma per la durata del film si vede Jerico agire in maniera giusta pur essendo tormentato e dilaniato dai ricordi dell’agente buono. Che dei ricordi possano tormentare la sua testa è più che accettabile, ma ci si è quasi del tutto dimenticati dello statuto di criminale, pericoloso e bestiale, che accoglie suo malgrado in sé i ricordi dell’agente.
Un thriller a metà tra lo scolastico di alto livello e la mediocrità; probabilmente, l’idea del trapianto di memoria viaggerà ancora sugli schermi cinematografici e troverà un adattamento migliore di questo.
Criminal non è malvagio, ma sarebbe potuto esserlo molto di più il Jerico Stewart di Costner.

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