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domenica 29 settembre 2013

THE WORLD'S END

di Matteo Marescalco

"Dei gesti compiuti in quegli anni, quasi non ve n'è uno che più tardi non vorremmo sopprimere, mentre ciò che invece dovremmo rimpiangere è di non possedere più la spontaneità che ce li faceva compiere. Più tardi si vedono le cose in modo più pratico, pienamente conforme a quello del resto della società, ma l'adolescenza è il solo tempo in cui si sia imparato qualcosa". (Marcel Proust)


"The world's end" è l'ultimo episodio della Trilogia del Cornetto, ideata da Edgar Wright, Simon Pegg e Nick Frost, comprendente anche "Shaun of the dead" ("L'alba dei morti dementi"), una commedia romantica con gli zombie, e "Hot Fuzz", una commedia poliziesca. Ogni episodio della trilogia è caratterizzato dalla presenza di un Cornetto di colore diverso: in "Shaun of the dead", il Cornetto è di colore rosso, in omaggio al genere horror che viene parodiato, in "Hot fuzz" di colore blu per indicare l'elmento poliziesco, in "The world's end" verde, dal momento che si tratta di uno sci-fi. L'uso dei tre colori è un omaggio alla Trilogia Tre Colori di Krzysztof Kieslowski.
Cinque amici d'infanzia, spinti da Gary King, il personaggio interpretato da Simon Pegg, si ritrovano per ripetere l'epico pub crawl fallito della propria adolescenza. L'allegra compagnia, tra aneddoti e perdita progressiva di lucidità, si ritroverà ad affrontare una strana esperienza del terzo tipo, ai limiti del surreale.
Così come "This is the end", anche "The world's end" è un buddy movie dedicato all'amicizia maschile, con un gruppo di amici che, dopo vent'anni, si riunisce per ritentare un'impresa già tentata in età adolescenziale. A fare la voce grossa è Gary King, un Peter Pan in versione dark, voce fuori dal coro, alcolista sfaccendato ed eterno adolescente che non è riuscito ad orientare la propria vita verso la maturità.
La prima sequenza, dopo il flashback iniziale che ripercorre la magica notte dei cinque protagonisti, si apre con una movimento di carrello che presenta la versione adulta di quei cinque giovani che, nel lontano 1990, credevano di poter dominare il mondo. Edgar Wright ha delineato un percorso stilistico e tematico coerente, in cui ha portato avanti una vera e propria analisi sociologica, dietro la linea principale di sviluppo legata al genere messo in scena, basata sulla mostruosità dell'omologazione sociale quotidiana, che viene presentata come il vero elemento "spaventoso" del mondo contemporaneo, portata avanti e potenziata da uno smoderato processo di evoluzione informatica e digitale (in Romero, gli zombie rappresentavano l'avanzata del sistema capitalistico e consumistico) e ha qui realizzato una sorta di western contemporaneo contaminato dal genere sci-fi, basato sul contrasto tra individui adulti ridotti
ad entità simulacrali (civilization), in preda ad una standardizzazione ed omologazione deprimente e mortifera che riduce, rispettivamente nei tre episodi, a zombie, ad individui acritici in cerca della perfezione assoluta e a robot e la purezza dello sguardo e del comportamento adolescenziale (wilderness), quando ogni cosa è lecita in nome di una virginalità ed autenticità legata allo sguardo puro e meravigliato (che riporta alla mente il boy wendersiano) e alla sperimentazione di esperienze vitali. "The world's end" è anche un film sulla mania degli adulti disincantati di guardare al proprio passato adolescenziale mitizzandolo, e ai giovani se stessi come a degli eroi della vita quando ci si comportava come se si fosse immortali. In tutti e tre gli episodi della trilogia ritorna centrale il pub come luogo di ritrovo e di aggregazione oltre che di risoluzione della vicenda, così come l'attenzione coreografica verso la realizzazione delle scene madri, tutte d'azione. Wright e Pegg hanno realizzato un film che, a differenza del precedente "Hot fuzz", punta meno allo stomaco e più al cervello, con la sua riflessione sugli effetti negativi provocati dalla globalizzazione e da un artificiale processo evolutivo (che, così come è avvenuto, porta ad un inevitabile world's end) che qui viene demistificato perchè, in realtà, ha condotto alla morte dell'individualità soggettiva in nome della costruzione di una cooperante comunità globale, e dei rapporti interpersonali nell'epoca in cui il PC domina incontrastato, creando
una vita alternativa in rete in cui trovano spazio delle copie differenziali-zombie di noi stessi. "The world's end" è, in un certo senso, un film parallelo ma opposto a "The perks of being a wallflower" ("Noi siamo infinito"): in questo si guarda all'adolescenza con lo sguardo disincantato dei giovani; nel film di Wright, un gruppo di adulti poco cresciuti guarda alla propria adolescenza, desiderando tornare a quell'età in cui si è privi di responsabilità e si eroizza una serata di sbronza con gli amici, sviluppando sentimenti legati al ritrovamento sofferto del tempo perduto e del ricordo e alla rievocazione malinconica del proprio passato.
La sceneggiatura è poco equilibrata nella delineazione dei personaggi, alcuni dei quali risultano poco approfonditi sul piano psicologico (su tutti, i fratelli Chamberlain), qualche cosa nell'ingranaggio del rapporto uomini/robot non torna perfettamente e alcune gag allentano il ritmo, risultando forzate. Nel complesso, rispetto agli altri due episodi della trilogia, "The world's end" è un film meno divertente ma più riflessivo, con un finale un po' pasticciato e forzato.
Alla fine, l'unica cosa possibile è l'esplosione-implosione di questo falso universo adulto e simulacrale in cui i veri valori (l'amore e l'amicizia) sono stati dimenticati ed il ripristino di un equilibrio alternativo in un mondo da rifondare.

 


Voto: ★★★

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