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mercoledì 21 agosto 2013

REALITY

di Matteo Marescalco

Matteo Garrone è nato da una benestante famiglia romana, il padre Nico era un critico teatrale, la madre una fotografa. Il giovane Matteo era destinato ad una brillante carriera nel mondo del tennis ma un infortunio lo ha costretto ad abbandonare questo sport. Diplomatosi al Liceo Artistico, ha frequentato l’Accademia e ha iniziato a lavorare come operatore cinematografico. Si è dedicato fino al 1995 alla pittura, arte che lo ha influenzato profondamente nella costruzione delle immagini filmiche delle sue opere. Nel 1996, con il cortometraggio Silhouette ha vinto il Festival Sacher, organizzato da Nanni Moretti. Un nuovo grande autore si affacciava alla ribalta del cinema italiano. Con i suoi ultimi due film Gomorra e Reality, Matteo Garrone ha vinto il Gran Prix al Festival di Cannes, considerato universalmente il secondo premio, per prestigio, del festival francese.
La fotografia ed i movimenti di macchina, curati entrambi da Marco Onorato, sono aspetti fondamentali di tutti i film di Garrone. La configurazione luminosa non è semplicemente un elemento rilevante nell’immagine filmica, essa è l’immagine filmica. Il cinema è, infatti, luce in movimento. A seconda dei vari generi cinematografici, la configurazione della luce contribuisce in modo rilevante alla creazione del mondo narrato.
Protagonista del film Reality è Luciano Ciotola (interpretato da Aniello Arena, che fa parte della compagnia teatrale La Fortezza e detenuto dal 1999 nel carcere di Volterra, dove, tuttora, sconta una condanna all’ergastolo per omicidio), pescivendolo che vive a Napoli in un palazzo fatiscente con moglie, figli e numerosi parenti al seguito. Luciano ha una particolare vocazione per il mondo dello spettacolo e, su sollecitazione dei propri figli, decide di partecipare al casting per entrare a far parte dei concorrenti dell’ultima edizione del Grande Fratello. Da quel momento la sua vita cambia di netto.
Reality non è, come decantato da molti, un film sul reality show della nota rete Mediaset. Durante un’intervista, Garrone ha dichiarato:
"Per come la vedo io, Reality inizia come una fiaba e si chiude come un film di fantascienza,
mentre nella sua essenza è una commedia drammatica, la storia di un sogno che si trasforma
in una trappola. Con il direttore della fotografia (…) abbiamo ragionato molto sulla tonalità e
la luce per trovare il giusto equilibrio fra realismo e magia. Identico lavoro con il costumista.
(…) le scene iniziali dovevano essere in stile Pixar ovvero non grottesco, non trash, ma favola, cartoon pieno di colori". 


Protagonisti dell’intero film sono atmosfere ed elementi opposti: la realtà che si trasmuta in reality, la contrapposizione tra miseria ed apparente (ed appariscente) sfarzo, l’ombra e la luce, gli ambienti che appaiono quasi espressionisticamente desaturati e quelli ultra colorati.
La prima favolistica macro-sequenza del film, sospesa, quasi onirica ma quanto mai realistica, è aperta da un virtuosistico piano sequenza di una ripresa aerea di una carrozza da fiaba che corre su una strada. Lo stacco ci immerge in una sfarzosa e kitsch cerimonia matrimoniale in cui la steadycam di Onorato ci regala intensi, variegati e variopinti primi piani immersi in un’atmosfera coloratissima e dai richiami felliniani. Il primo elemento del reality ad entrare nella realtà è Enzo, ex concorrente del Grande Fratello, guest star della cerimonia, che dà la sua "benedizione" alla neo coppia di sposi ed è accolto dagli ospiti come fosse realmente una star del cinema. Ripete allo sfinimento la frase "never give up", incoraggiando gli ospiti a credere nei loro sogni, a non abbandonarli, a non mollare mai, a saper cogliere le opportunità offerte dal fato. Abbandonerà la festa in elicottero, agli occhi del facilmente impressionabile Luciano, come un vero divo. La seconda macro-sequenza è rappresentata dal ritorno a casa della famiglia Ciotola. Abbandonato lo sfarzo più kitsch della fiaba (o meglio del reality), Garrone ci regala due splendide panoramiche a 360° con stacco mascherato in cui immortala le piccole e deprimenti dimore dei protagonisti che tornano alla loro abituale realtà. I colori onirici e luminosissimi della prima macro-sequenza lasciano il posto ad una luce bluastra di manniana memoria. I colori della speranza di un futuro da protagonisti, per il momento, scompaiono.
Il film è un continuo alternarsi di non luoghi (ipermercato e acquapark), di luoghi in cui il reality entra nella realtà e viceversa.
Luciano, in un climax di paranoia e di atteggiamenti schizofrenici, è portato a credere che sia stato il

reality a penetrare nella realtà, a spiarlo, a tenerlo d’occhio. Particolarmente significativa è una frase pronunciata dal co-protagonista del film: "Siamo in un gigantesco reality. L’occhio di Dio ci guarda sempre".
Così come aveva fatto David Cronenberg in Videodrome anche Matteo Garrone sembra dirci che non è più la TV ad essere scambiata per realtà ma la realtà ad essere vissuta come TV, sottolineando il carattere di putrefazione del mezzo televisivo. La sequenza finale è molto simile anche se in completa antitesi rispetto al finale di The Truman Show di Peter Weir. Jim Carrey/Truman Burbank si rende conto del perfetto inganno in cui vive ed ha il coraggio di abbandonarlo; Aniello Arena/Luciano Ciotola entra nella sua onirica casa del Grande Fratello, trasferendosi dalla realtà al reality che lui stesso ha immaginato e costruito all’interno della sua realtà. Il tutto sottolineato dalle immaginifiche, oniriche e quasi elfmaniane musiche di Alexandre Desplat. Garrone non si accosta ai personaggi del suo romanzo fotografato con cattiveria, denunciandoli, attaccandoli, ma lo fa alla Manzoni, con bonaria ironia e lieve distacco. Ammira, tenendosi allo stesso tempo distante, il loro candore fanciullesco che li porta alla rovina. La bellezza del film e la grandezza del trio Garrone/Onorato/Desplat risiede proprio in questo: nell’aver saputo rappresentare (e quasi dipingere con sottofondo musicale) una storia in cui il Grande Fratello è solo un pretesto, lo show è uscito dalla TV, è approdato alla vera realtà. Reality è cinema puro, capace di avvolgere interamente lo spettatore, di farlo sognare, di portarlo alla leggerezza della favola e, contemporaneamente, di risvegliarlo e di riportarlo alla consapevolezza della vera realtà. Insieme a La grande bellezza di Paolo Sorrentino e a Belluscone di Franco Maresco, il film di Garrone potrebbe confluire in un'ideale trilogia sulla decadenza infernale della società post-berlusconiana.

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