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mercoledì 2 marzo 2022

THE BATMAN

 di Matteo Marescalco


«Thrown like a star in my vast sleep

I opened my eyes to take a peek».

Bruce Wayne si risveglia da un lungo sonno con la mente annebbiata e il cuore straziato. Cosa sta accadendo a Gotham? Negli ultimi due anni, la criminalità è aumentata, gli illeciti sono all’ordine del giorno e il male proprio non ne vuol sapere di giungere al termine nella notte. Nel corso dello stesso periodo, Batman si è affermato come il più grande detective di sempre: il cavaliere oscuro legge segni e indizi, li analizza nel buio della sua residenza e incarna la vendetta tra i suoi cittadini. Ma Gotham sa come alzare l’asticella della sfida e spingersi sempre più in là. Senza mai dimenticare Carmine Falcone e il suo tirapiedi, il Pinguino, c’è un nuovo villain tra i bassifondi più asfissianti e luridi di sempre: l’Enigmista vuole rendere giustizia all’abuso di potere e alla corruzione che dilagano in città. Per farlo si arma di binocolo, nastro isolante e marchingegni degni di Jigsaw. La sua convinzione è che persino i benefattori del luogo e le persone apparentemente più rispettabili affoghino nelle fogne e siano al soldo di Falcone. Cosa fare se non rapirli, minacciarli, ucciderli e rendere virali le sue gesta?

«Histories of ages past

Unenlightened shadows cast

Down through all eternity

The crying of humanity».

Gotham non riesce a smettere di versare tutte le sue lacrime. Come un vendicatore cupo, funereo e grave, Bruce Wayne sale in sella alla sua moto prestando fede alla sensazione di paura che risveglia nei suoi concittadini: Batman è un animale notturno, una scheggia impazzita dall’identità frammentata e frastagliata, un ragazzo alla ricerca della verità e di qualcosa per cui valga la pena vivere. È possibile agguantare la redenzione? Il mondo è un bel posto e vale la pena lottare per esso – come nel 1995, è ancora possibile essere d’accordo con la seconda parte di questa affermazione?

Rispetto alle esagerazioni pop ed espressioniste di Tim Burton, alla muscolarità gangster di Christopher Nolan e alla caduta degli dei di Zack Snyder, The Batman di Matt Reeves è un noir in grado di sfociare verso lidi melodrammatici. Sulla città del cavaliere oscuro non batte mai il sole e uscire dalle tenebre è pressoché impossibile – d’altronde, come sostiene lui stesso, Batman non si muove nell’ombra; lui è l’ombra. Forte di un passato in cui ha realizzato il testo cardine del cinema post-11/9 e di una trilogia blockbuster attraverso cui ripensare il futuro dei personaggi archetipici della storia del cinema, Reeves si prende tutto il suo tempo, costruisce un protagonista generazionale e una città dolente più vicina a quelle mostrate in Se7en e Zodiac che alle versioni rimediate da qualsiasi altro cinecomics contemporaneo.

Tra campi lunghi cittadini che ne portano in scena il carattere lurido, putrescente e labirintico, e primi piani (sentimentali) strettissimi in cui il melò deflagra, Matt Reeves concede al suo Batman una lentissima progressione e una crescita che, finalmente, lo conduce al termine della notte. L'alba è ancora lontana ma la vendetta ha lasciato ormai posto alla speranza. E anche Warner Bros. e DC, questa volta, sembrerebbero aver trovato la loro collocazione nel mondo.

lunedì 27 settembre 2021

OASIS KNEBWORTH 1996

di Matteo Marescalco

Le serate del 10 e 11 agosto 1996 una ragazza baciava appassionatamente il suo ragazzo - o, magari, semplicemente uno sconosciuto appena incontrato e di cui si era innamorata sulle note di Wonderwall -; dopo aver fatto incetta di cassette, due amici si chiudevano in cameretta apprestandosi a registrare ogni singola nota della band in grado di trasformarsi in un fenomeno globale nel giro di appena due anni; un’adolescente sognava di mettere la lingua in bocca a Liam Gallagher e un’altra di regalare ai due fratelli di Manchester «(…) l’invisibilità, per farli andare in giro liberamente, come fossero persone normali».

Durante quelle due serate migliaia di ragazzi e ragazze si apprestavano a vivere la fine della giovinezza, sottratta loro dalla pioggia battente sulle note di I Am The Walrus.

25 anni fa, i due concerti degli Oasis a Knebworth rappresentavano la conclusione del coming of age degli anni Novanta e ponevano fine al periodo supersonico del gruppo in grado di colonizzare l’immaginario di tutti perché innocente, infantile, forse immaturo, sgangherato, folle, totalmente inaspettato e fuori controllo.

Oasis Knebworth 1996 consente di compiere un viaggio nel tempo di quelli che soltanto il cinema è in grado di farci vivere. Durante la visione del documentario si canta, ci si emoziona per gli occhi lucidi, fiduciosi ed euforici di 250mila ragazzi in attesa di vivere la loro vita e spaccare il mondo – ma anche, semplicemente, di trasformarsi in rock ‘n’ roll star, quanto meno per una notte, e di vedere cose che tutti gli altri non sarebbero riusciti mai nemmeno a percepire –, si piange all’idea di chi è andato a quel concerto sapendo di dover morire poco tempo dopo e per la mera esistenza di un evento comunitario così lontano dall’atmosfera del periodo storico che stiamo attraversando. È ancora possibile sognare un’enclave del genere? Siamo in grado di credere gli uni negli altri e scoprire ciò che dorme nelle profondità del nostro animo?

Andiamo al cinema a innamorarci di Oasis Knebworth 1996, in uscita il 27, 28 e 29 settembre grazie a Nexo Digital, a prolungare la naturale scadenza dei nostri sogni e a volare in alto come dei piccoli Icaro senza alcuna paura di bruciarci al sole.

venerdì 16 luglio 2021

L'ARTE INVISIBILE DEL MONTAGGIO - SCOLPIRE IL TEMPO DELL'ESISTENZA

 di Matteo Marescalco

*recensione pubblicata per Birdmen Magazinehttps://birdmenmagazine.com/2021/02/23/montaggio-intervista-torsiello-bonelli/

Secondo il parere di William Friedkin, ogni film viene creato tre volte. Innanzitutto si scrive la sceneggiatura; poi, il testo si trasforma in immagini grazie al contributo degli attori e della troupe. Infine, quanto girato acquista nuova vita grazie al montaggio e al missaggio sonoro. Qualsiasi film, quindi, si evolve e cambia forma assumendo quella definitiva soltanto alla fine di questi tre stadi. Nella sua seconda pubblicazione per Bietti Edizioni dopo Joe Wright. La danza dell’immaginazione, da Jane Austen a Winston Churchill, il critico cinematografico Elisa Torsiello prende in considerazione l’atto creativo che scolpisce definitivamente la forma del film. L’arte invisibile del montaggio. Intervista a Valerio Bonelli, infatti, focalizza la sua attenzione sul montaggio, definito da Elisa Torsiello come «il grande metronomo del cinema» in grado di dettare il tempo della sua esistenza. 

Oltre a offrire un excursus sintetico sulla sartoria laboratoriale delle immagini, questa quinta pubblicazione della nuova collana Bietti Fotogrammi offre al lettore la possibilità di lanciarsi in un percorso di apprendimento insieme a Valerio Bonelli, montatore che, dopo aver studiato presso la prestigiosa National Film and Television School di Beaconsfield, ha lavorato al montaggio di titoli quali Il Gladiatore, Black Hawk Down e Sopravvissuto di Ridley Scott, The Dreamers di Bernardo Bertolucci, Philomena, The Program e Florence di Stephen Frears (suo tutor all’università) e L’ora più buia, La donna alla finestra e Cyrano di Joe Wright. Tra l’autunno 2019 e settembre 2020, inoltre, Bonelli è stato supervising editor di SanPa. Luci e ombre di San Patrignano, docu-serie in cinque puntate diretta da Cosima Spender e distribuita su Netflix.

*continua a leggere su Birdmen Magazinehttps://birdmenmagazine.com/2021/02/23/montaggio-intervista-torsiello-bonelli/

giovedì 8 luglio 2021

TAOBUK 2021: LA SICILIA E LE SUE METAMORFOSI

 di Matteo Marescalco

*approfondimento pubblicato su Master Professione Editoria e BookTellinghttps://mastereditoria.unicatt.it/taobuk-2021-sicilia-metamorfosi-letterarie/

Se è vero che, per citare Calcutta, “Pesaro è una donna intelligente”, Taormina (e la Sicilia tout court) dovrebbe essere un posto in cui non cresce mai veramente l’addio. Il 2020 ha costretto milioni di persone alla lontananza e ha affidato alla tecnologia il compito di ammortizzare il rimpianto e l’attesa.

Anche per la Sicilia, tradizionalmente abituata a una sorta di immobilità interiore, unita però a un paradossale e contraddittorio dinamismo esteriore, lo scorso anno è finito per somigliare a una lunga nottata estiva, preda di uno strano torpore che l’ha trasformata in una moderna Aurora in attesa del bacio del principe che potesse risvegliarla e amarla nel profondo, con tutte le sue contraddizioni. A caricarsi del compito di risvegliare questa terra ormai stanca di amori consumati in una notte con uomini vittime del suo fascino fantasmatico e misterioso, come tanti Ulisse in preda al canto delle Sirene, è stata l’undicesima edizione del TaoBuk.

Ideato da Antonella Ferrara, il Festival ha offerto uno dei primi eventi in presenza dell’estate 2021 e, quindi, la possibilità di prostrarsi ai piedi dell’isola, a detta di Colapesce una “femme fatale a cui perdoni sempre tutto, anche se fa la stronza e ti fa soffrire”, e della sua abbacinante e scandalosa luce che, secondo Gesualdo Bufalino, fa invidia persino agli Dei e rende incredibile e inaccettabile il pensiero della morte. 

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venerdì 2 luglio 2021

RACCONTI DI CINEMA: IN CHE MODO GLI SCRITTORI DEL NOVECENTO HANNO RACCONTATO LA SALA CINEMATOGRAFICA?

 di Matteo Marescalco


*approfondimento pubblicato per Master Professione Editoria e BookTellinghttps://mastereditoria.unicatt.it/racconti-di-cinema-scrittori-novecento-sala/

Dal primo spettacolo pubblico a pagamento del 28 dicembre 1895 fino alla visione individuale dei giorni nostri, il cinema è stato protagonista di una riarticolazione di modalità di fruizione. È soltanto negli ultimi tempi, però, che la sua rilocazione su device multifunzionali e l’ingresso nell’agone dello sfruttamento mediale di soggetti quali pay per view, transactional video on demand e subscription video on demand hanno trasformato il ruolo del consumatore e intaccato la centralità della sala cinematografica nell’immaginario collettivo. Piuttosto che pratica accessoria, il 2020, d’altronde, e la pandemia da Covid-19 hanno reso obbligatoria la visione di film in streaming.

Eppure, c’è stato un tempo in cui il cinema aveva un ruolo completamente diverso: esso, infatti, è stato una delle forme più lampanti della modernità e ha rappresentato una rivoluzione nella vita quotidiana. Definito da Francesco Casetti come l’occhio del Novecento, il cinema in sala ha mutato radicalmente il rapporto con le immagini e con le narrazioni, con lo spazio e con il tempo. Gli scrittori hanno iniziato presto a fare i conti con la settima arte: con il cinema, la letteratura non è stata più la stessa e, viceversa, il linguaggio cinematografico ha adattato ed ereditato le forme della narrativa.

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